domenica 15 settembre 2013

WILLIAM FRIEDKIN. IL BRACCIO VIOLENTO DELLA LEGGE, LA POLIZIA SI INC***A

(Clicca sulla locandina per vedere il trailer) 

USA, 1971
103'
Regia: William Friedkin
Interpreti: Gene Hackman, Roy Scheider, Fernando Rey, Tony Lo Bianco, Eddie Egan, Sonny Grosso.


Dopo la recensione de Il Salario della Paura, presentato in versione rimasterizzata a Venezia 2013 in occasione del compleanno di William Friedkin (ivi insignito dello strameritato Leone d'Oro alla carriera), continuiamo il nostro speciale sul Maestro tornando indietro di qualche anno.

Siamo all'inizio degli anni 70.
Il nostro, dopo una buona gavetta in televisione, è reduce da un pugno di lungometraggi sperimentali che lo hanno reso un nome noto nei circuiti underground.
Viene notato anche dallo sveglio produttore Philip D'Antoni, che gli propone di dirigere un poliziesco metropolitano, The French Connection; una vera fortuna per il regista, che ha la possibilità di cimentarsi in un genere per lui inusuale (finora).

Il copione, affidato all’esperto Ernest Tidyman - romanziere di Shaft, da cui verrà tratta la celebre pellicola omonima con Richard Roundtree - è ispirato alle vicende di due veri poliziotti, Egan & Grosso, i quali partecipano alle riprese sia come consulenti tecnici sia come attori, in ruoli minori.
New York: il rozzo sbirro "Popeye" Doyle (Hackman), insieme al laconico collega "Cloudy" Russo (Scheider), dà la caccia ad un raffinato trafficante marsigliese (Rey), giunto negli USA per portare a destinazione un importante e ingente carico di droga. La sfida sarà senza esclusione di colpi.

Risultato? 5 premi Oscar, tutti meritatissimi: miglior film, regia (ad oggi la sola statuetta vinta dal Maestro), Hackman attore protagonista, sceneggiatura e montaggio.
Ma insieme ai premi e al successo commerciale arrivano anche le polemiche di parte della critica, che dipinge film e regista come "reazionari": un’accusa idiota che accompagnerà Billy per tutta la carriera, e che dimostra quanto questo autore sia stato e sia tuttora poco capito.

Come abbiamo già visto nel post dedicato a Il Salario della Paura, al nostro interessa realizzare opere il più possibile vicine al reale: non solo verosimili, ma "vere" (non dimentichiamo che Friedkin viene dai documentari).
La vita dei poliziotti è dura e violenta? Allora la finzione deve riprodurre quella durezza e quella violenza, senza filtri o edulcoranti: il personaggio di Popeye - interpretato da un grande Gene Hackman - è razzista e spietato perché sono l’ambiente in cui si muove e il mestiere che fa che lo hanno reso così.

Questa fissazione per il "realismo metropolitano" spiega alcune precise scelte di regia, quali girare totalmente on location (ossia senza l'utilizzo alcuno di set cinematografici), coinvolgere nelle riprese i protagonisti della vicenda originale (il meccanico che nella realtà aiutò Egan e Grosso, tale Irving Abrahams, compare nel ruolo di se stesso) o utilizzare un vero campione di eroina per la scena del test sulla purezza della droga (una sequenza che ricorda quella dei dollari falsi di Vivere e Morire a Los Angeles).

La sequenza più memorabile del film rimane però quella nella quale Doyle rincorre il sicario francese: 10 magistrali minuti senza musica che danno il via ad un’ ideale "trilogia degli inseguimenti", che proseguirà nel succitato Vivere e Morire a Los Angeles, fino a concludersi con Jade.
Notare che le 3 pellicole sono girate in decenni diversi (anni 70, 80 e 90) e ambientate in differenti metropoli (New York, Los Angeles, San Francisco), quasi rappresentassero dei veri e propri "giri di boa" per il regista, continuamente impegnato a superare se stesso e al contempo cimentarsi in qualcosa di nuovo, pur mantenendo il proprio originalissimo stile.

A distanza di oltre 40 anni, Il Braccio Violento della Legge fa ancora scuola, e rappresenta non solo una vetta nell'itinerario artistico di William Friedkin, ma anche uno dei più significativi connubi tra il cinema di genere e quello d'autore.

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