domenica 1 settembre 2013

WILLIAM FRIEDKIN. IL SALARIO DELLA PAURA, UN' OPERA DA MANEGGIARE CON CURA

(Clicca sulla locandina per vedere il trailer) 

USA, 1977
121'
Regia: William Friedkin
Interpreti: Roy Scheider, Bruno Cremer, Francisco Rabal, Amidou.


«Apocalypse Now, Aguirre-Furore di Dio e il mio Il Salario della Paura sembrano in effetti aver sofferto dello stesso male. Sapete, la maggior parte dei registi ha un solo desiderio: quello di vivere sul filo del rasoio. Sapendo che un regista non ha sempre un controllo assoluto sulla propria creazione è evidente che egli ha forzatamente voglia di andare vicino al punto di rottura di una situazione data per provare al mondo di essere in grado di ritornare, all’ultimo minuto, padrone del suo destino».

Un camion che pare venuto dall'inferno - col muso che ricorda un demone e con sbuffi di fumo che escono da tubi che sembrano corna - attraversa un ponte di corde lacere e assi di legno putride, scosso da raffiche di vento e pioggia battente.
Sbanda, sembra poter cadere nel fiume da un momento all'altro.
I movimenti sono lenti, i volti del conducente e di chi sta guidando il mostro meccanico dal ponte sono terrei e tesi per l'attenzione e la preoccupazione: i due sanno che un minimo movimento brusco potrebbe far scoppiare il carico - delle casse di nitroglicerina - e ucciderli all'istante.

È questa la scena-simbolo di Il Salario della Paura, storia di quattro disperati in fuga dal mondo che si incontrano in un remoto villaggio dell'America Latina e che accettano per necessità il lavoro di trasportare dell'esplosivo attraverso la foresta, tra mille insidie e percorsi a dir poco accidentati.
Una sequenza di pochi minuti che però venne a costare un decimo dell'intero budget e fece guadagnare al regista il nomignolo di Hurricane Billy.

Circa un anno fa, CINEMA A BOMBA! - rispondendo ad un accorato appello apparso nelle pagine di Facebook e Twitter da parte del gruppo Save Sorcerer - sottoscrisse petizioni e fece pressioni sulla Paramount e sull'Universal per salvare le pellicole negative originali 35mm del film più impegnativo e maledetto di William Friedkin.

Immaginate quindi la nostra soddisfazione nel sapere a Febbraio di quest'anno - e nell'avere la relativa conferma a Maggio - del salvataggio di Il Salario della Paura.
Non solo, ma anche di una sua presentazione a Venezia 2013 in una nuova edizione restaurata e rimasterizzata, nel giorno del compleanno del suo autore e della consegna del prestigiosissimo Leone d'Oro alla carriera!

Il "maledettismo" della pellicola fu dovuto ai costi esorbitanti sostenuti dalla produzione negli scomodissimi esterni dominicani, al massacro dei critici all'uscita nelle sale e allo scarso risultato al botteghino.
Un flop che segnò in modo indelebile la carriera del cineasta di Chicago, allora considerato uno dei più talentuosi e promettenti della propria generazione.

Al disastro contribuirono di certo gli inadeguati interpreti, quasi tutti quinte o addirittura seste scelte (Scheider è chiaramente al posto di Steve McQueen); il fuorviante titolo originale Sorcerer, "stregone", riferito - ma l'associazione è tutt'altro che scontata - al destino malvagio; l'uscita nelle sale in concomitanza con quella dell'epocale Guerre Stellari.
E infine il perfezionismo maniacale di Friedkin, che per la scena dell'incidente nel prologo arrivò a far distruggere dodici automobili di fila (12!) prima di ritenersi soddisfatto.

Eppure l'opera in questione è notevole e decisamente non merita l'oblio al quale sembrava inesorabilmente condannata.
Potente, forgiata da una forza titanica, investe lo spettatore con il fango, la pioggia, l'umidità, il fumo e le fiamme incandescenti che tormentano i quattro antieroi, e gli fa vivere i loro stessi brividi.
L'accentuato realismo è sempre stato in fondo uno dei principali marchi di fabbrica del Maestro, allergico agli artifici spettacolari fini a se stessi.

Il senso di tensione, strisciante fin dalle prime sequenze, cresce progressivamente lungo lo svolgersi della vicenda, senza risparmiare il finale, amaro e sospeso.
Solo un grande regista poteva rendere la fisicità, la materia della storia in modo così efficace.
William Friedkin ci è riuscito.

«Di tutti i film che ho girato, questo è il mio preferito. E' uno dei pochi che posso rivedere perché è venuto quasi esattamente come volevo».

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