mercoledì 10 gennaio 2018

GOLDEN GLOBE. 3 MANIFESTI PER 4 GLOBI

Dall'alto: Martin McDonagh, Sam Rockwell e Frances McDormand con i Golden Globe vinti per Three Billboards Outside Ebbing, Missouri; Greta Gerwig (al centro) con Saoirse Ronan (a destra); Guillermo del Toro, miglior regista per The Shape of Water; da destra, Dave Franco, James Franco (Tommy Wiseau nel film The Disaster Artist) e il vero Tommy Wiseau. 


Come abbiamo anticipato nel post precedente, la settantacinquesima edizione dei Golden Globe è stata dominata dalle donne.

A seguito delle iniziative #MeToo e Time's Up contro le molestie sessuali e le disparità di trattamento nei posti di lavoro (non solo nel mondo del cinema) le attrici si sono presentate vestite di nero alla cerimonia di consegna dei premi assegnati dalla stampa estera, molte accompagnate da attiviste dei diritti civili, e negli interventi si sono scagliate contro le discriminazioni di genere.

Se l'anno scorso Meryl Streep aveva fatto scalpore attaccando duramente il neo Presidente degli Stati Uniti Donald Trump, questa volta a prendersi la ribalta è stata Oprah Winfrey con un discorso appassionato - qualcuno la immagina già candidata alla presidenza nel 2020 -, sebbene la battuta più incisiva sia stata quella fulminante di Natalie Portman al momento della presentazione dei candidati per la migliore regia (And here are the all-male nominees..., E questi sono i nominati, tutti uomini), battuta che da una parte mette in luce l'assenza di registe nella categorie - e quest'anno non avrebbero sfigurato, per esempio, né Patty Jenkins per Wonder Woman né Greta Gerwig per Lady Bird - ma dall'altro sminuisce un po' la vittoria molto meritata di Guillermo del Toro.

Il suo The Shape Of Water si è aggiudicato altresì il riconoscimento per la migliore colonna sonora (di Alexandre Desplat), ma soprattutto, dopo il Leone d'Oro conquistato a Venezia 2017, lascia l'impressione di essere molto competitivo anche in ottica Oscar.

Il vero trionfatore della serata (a sorpresa) è stato però un altro film passato al Lido nella scorsa edizione: Three Billboards Outside Ebbing, Missouri (Tre Manifesti a Ebbing, Missouri).






La pellicola diretta dal Premio Oscar Martin McDonagh (per il corto Six Shooter, che potete rivedere per intero cliccando sul link) ha conquistato ben quattro premi, per il miglior film drammatico, la sceneggiatura (dello stesso McDonagh, già premiata a Venezia) e i due attori Frances McDormand (straordinaria protagonista) e Sam Rockwell (non protagonista).

Ve lo diciamo già da un po': fare una première alla Mostra del Cinema porta bene (restando ai Golden Globe, ricordiamo che il film di apertura nel 2016, il bellissimo La La Land, aveva poi sbancato vincendo 7 premi su 7 nomination, un record!).

Vedremo all'annuncio delle nomine degli Academy Awards, ma incrociamo le dita per il drammaturgo/regista irlandese.

Se la dovrà vedere, oltre che con il già citato cineasta messicano, con Steven Spielberg (The Post, un film storico-giornalistico sul modello di Spotlight, che solo 2 anni fa aveva vinto l'Oscar come miglior film) e con il Christopher Nolan di Dunkirk, i grandi sconfitti della serata.

Però occhio anche a Greta Gerwig: il suo Lady Bird ha avuto un consenso quasi unanime dalla critica, ma soprattutto ha vinto i premi per la migliore commedia e la migliore attrice in una commedia (Saoirse Ronan, già vista in Grand Budapest Hotel di Wes Anderson).

La stessa regista (che è anche apprezzata interprete cinematografica), dopo le polemiche per la mancata nomina nella categoria potrebbe a furor di popolo prendersi la sua rivincita.






A Hollywood, d'altra parte, le cose stanno cambiando: rappresentanti del genere femminile ora sono protagoniste persino di pellicole supereroistiche (che prima sembravano appannaggio dei soli uomini) e gli stessi film vincitori di questa edizione dei Golden Globe - Three Billboards, The Shape of Water, Lady Bird, ma anche la migliore opera straniera (Oltre la Notte di Fatih Akin con Diane Kruger) - hanno donne forti come personaggi principali.

E probabilmente non è un caso che pure I, Tonya, tratto da un fattaccio di cronaca nera/sportiva al femminile che ha visto coinvolte le due pattinatrici Tonya Harding e Nancy Kerrigan, abbia trovato posto nel palmarès con il riconoscimento ad Allison Janney come migliore interprete non protagonista.

In un contesto così fortemente orientato, sono passate un po' in secondo piano le vittorie tra gli attori protagonisti di Gary Oldman e James Franco, premiati per le interpretazioni, rispettivamente, di Winston Churchill in Darkest Hour e di Tommy Wiseau (una sorta di Ed Wood dei giorni nostri, che è salito sul palco assieme al divo al momento della premiazione regalando al pubblico il momento più surreale di tutta la serata) in The Disaster Artist.

A fare le spese del nuovo corso hollywoodiano, però, sono state soprattutto pellicole che pure hanno toccato tematiche di forte attualità: e così Dunkirk di Nolan (il dramma lacerante e straniante della guerra), The Post di Spielberg (la libertà di stampa), Call Me By Your Name di Luca Guadagnino (l'amore omosessuale), Get Out di Jordan Peele (la questione degli Afroamericani) sono tornate a casa a mani vuote dopo aver cullato a lungo sogni di gloria.

Niente da fare: quest'anno l'ondata rosa ha travolto tutto.




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