lunedì 27 marzo 2017

OSCAR 2017. LION-LA STRADA VERSO CASA, GRAZIE GOOGLE EARTH!

(Clicca sulla locandina per vedere il trailer). 

Australia/USA, 2016
129'
Regia: Garth Davis
Interpreti: Dev Patel, Sunny Pawar, Nicole Kidman, Rooney Mara, David Wenham, Priyanka Bose


Il piccolo Saroo (Pawar), nato in un villaggio indiano da una famiglia povera, un giorno decide di accompagnare l'adolescente fratello maggiore al lavoro.

Arrivano in treno di notte ad una stazione. Fa buio e freddo.
Il piccino, assopitosi, rifiuta di svegliarsi ed è quindi lasciato lì dal fratello, che gli promette allora di venirlo a prendere più tardi.
Svegliatosi, però, decide di mettersi al riparo nel vagone di un treno, che al mattino parte e dopo un lungo viaggio senza fermate arriva a Calcutta.

Nella caotica metropoli, il bimbo si perde, non sa come tornare a casa (non sa neanche bene come si chiami il suo villaggio), non parla neppure la lingua del posto (usa l'hindi, mentre lì parlano il bengali), e alla fine, dopo una serie di vicissitudini, finisce in un orfanotrofio.
Prima di essere adottato e cresciuto amorevolmente da una coppia senza figli della Tasmania (la Kidman e Wenham).

Diventato un giovane uomo (Patel), Saroo diventa ossessionato dalla ricerca delle proprie radici.
Ma tutto ciò che ha sono solo pochi dettagli e ricordi.






Quante volte abbiamo utilizzato Google Earth o Google Maps per cercare posti famigliari, per calcolare il percorso più comodo o veloce per giungere ad una destinazione, per guardare il mondo dall'alto?
Il protagonista di questa vicenda vera se n'è servito, invece, per ricostruire la prima parte della propria vita.

Da questa esperienza incredibile è nato un libro di successo che è diventato questo film (il titolo viene spiegato solo alla fine), diretto da un esordiente australiano e interpretato da attori indiani assieme ad una grande diva, Nicole Kidman, e a buoni attori del calibro di Dev Patel (il protagonista di The Millionaire di Danny Boyle, vincitore di ben 8 Oscar nel 2009, tra i quali film e regia), Rooney Mara (The Social Network; Millennium-Uomini che odiano le donne, per il quale ha ricevuto una nomina agli Oscar 2012 come migliore attrice; Lei-Her; Carol, altra nomination nel 2016, come non protagonista), David Wenham (Faramir in due film di Il Signore degli Anelli, Le Due Torri e Il Ritorno del Re; Delios in 300).

E questo film ha commosso mezzo mondo e raccolto consensi e premi ovunque.
Quattro nomine ai Golden Globe, 6 agli Oscar ( film, attore non protagonista, attrice non protagonista, sceneggiatura non originale, fotografia, colonna sonora) e particolarmente apprezzate le interpretazioni del cast (soprattutto della Kidman), la regia di Garth Davis (che, lo sottolineiamo, è un esordiente: precedentemente, per lui, solo spot), la colonna sonora e soprattutto la vicenda.

Lion è quindi il solito film-strappalacrime-tratto-da-una-storia-vera?
Non esattamente.
Non solo, almeno.

Ci sono due parti distinte (la trama si dipana infatti in modo lineare, con pochi flashback).
Nella prima, che narra di Saroo bambino (azzeccata la scelta dell'espressivo e tenero Sunny Pawar), si tratta di un tema quale quello della situazione drammatica dei bambini in un Paese del cosiddetto Terzo Mondo, tra povertà, analfabetismo, abbandono, sfruttamento minorile.
A tal proposito, lodevole l'iniziativa dei produttori della pellicola, che hanno promosso una raccolta fondi per aiutare le associazioni umanitarie che si occupano dei bambini in difficoltà nel Subcontinente e in altre parti del globo.

La seconda, con il protagonista cresciuto, sviluppa quello della "casa" - la mia casa è dove sono nato o dove sono cresciuto? - e della propria identità, dilaniante per una persona che ha perso i propri affetti in tenera età - chiedendosi in continuazione che fine avranno fatto madre e fratelli lontani, forse persi per sempre -, che è cresciuto in una famiglia che non è quella biologica e in un ambiente così diverso da quello originario ma nel quale ha stretto rapporti interpersonali di amicizia e amore.

Il distacco dalla propria terra è stato per Saroo uno shock, ma tornarci sarà un trauma ancora maggiore: in Australia, pur vivendoci ed essendo riuscito ad integrarsi, si sente diverso; in India ritrova le proprie radici, ma ormai non è più parte di quel mondo.

C'è poi la sotto-trama del rapporto con Mantosh - che ha dei problemi psichiatrici e che è stato anch'esso adottato dalla famiglia tasmaniana -, che però Saroo non considera come fratello (ne ha già uno in India) ma al quale è molto legato.
I problemi che il secondo venuto crea, rappresentano l'altra faccia dell'adozione, quella che non è tutta rose e fiori.

La sensibilità, la sobrietà, il realismo con i quali sono stati trattati questi argomenti è encomiabile perché evita la facile trappola del mélo, così come il lieto fine non così lieto che lascia al pubblico l'amaro in bocca.

Insomma: se volete vedere Lion, preparate i fazzoletti.





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