sabato 9 febbraio 2013

LINCOLN, DILEMMI E DEBOLEZZE DI UN GRANDE STATISTA

(Clicca sulla locandina per vedere il trailer) 

USA, 2012
150'
Regia: Steven Spielberg
Interpreti: Daniel Day-Lewis, Sally Field, Tommy Lee Jones, David Strathairn, Joseph Gordon-Levitt, Hal Holbrook, James Spader, John Hawkes, Jackie Earle Haley, Gloria Reuben, Tim Blake Nelson.


Gli ultimi quattro mesi di vita (da Gennaio ad Aprile 1865) di Abraham Lincoln, sedicesimo Presidente degli Stati Uniti d'America: l'epilogo della sanguinosa Guerra Civile, l'impegno per far approvare dal Congresso il XIII Emendamento alla Costituzione USA sull'abolizione della schiavitù, la sua uccisione il 15 Aprile.

Dodici le nomination all'Oscar per il nuovo kolossal firmato Steven Spielberg: miglior film e miglior regia, miglior attore protagonista, miglior attore non protagonista, miglior attrice non protagonista (rispettivamente, Daniel Day-Lewis, Tommy Lee Jones e Sally Field), miglior sceneggiatura non originale, miglior fotografia, migliore scenografia, migliori costumi, miglior montaggio, miglior sonoro, miglior colonna sonora.

Nomination che, bisogna ammettere, sono tutte meritate: Spielberg, oltre ad essere probabilmente il miglior regista vivente, ha la possibilità di lavorare fianco a fianco con fidati collaboratori che sono una garanzia di qualità: dalla produttrice Kathleen Kennedy allo scenografo Rick Carter, dal compositore John Williams al direttore della fotografia Janusz Kaminski, dal montatore Michael Kahn all'esperto di montaggio sonoro Gary Rydstrom.

Particolarmente felice, in questa pellicola, è però anche la partnership con il drammaturgo Tony Kushner, già autore della sceneggiatura di Munich.
L'incontro di tanti talenti ha così dato vita ad uno dei biopic più potenti visti sul grande schermo.

D'altra parte, il personaggio si presta: Abraham Lincoln è stato uno statista di indubbie qualità morali e politiche, con una capacità di guardare al futuro caparbia e sincera.
Insomma, una pietra di paragone per tutti i Presidenti USA che sono venuti dopo di lui.

Il pericolo era di farne un santino, un ritratto agiografico e iconico.
Il cineasta di Cincinnati non c'è cascato: il suo Lincoln è personaggio ben più complesso, incompreso, debole di quanto tramandatoci dai libri di storia.
È il ritratto di un uomo invecchiato prematuramente (aveva solo 56 anni quando fu assassinato, ma le foto dell'epoca ci riportano l'immagine di una persona che sembra molto più anziana) sotto il peso delle responsabilità e di scelte difficili, come quella di prolungare artificiosamente la guerra per forzare il Congresso ad approvare il pur importantissimo XIII Emendamento.

Un uomo sensibile, arguto, colto; un convinto e sincero abolizionista e sostenitore dei diritti civili; un oratore trascinante.
Un uomo solo, in crisi con la moglie invadente e con un figlio in cerca di una vita lontana dal peso del prestigio paterno.

Perfetta, quindi, la scelta di far impersonare un personaggio così complicato da un attore del calibro di Daniel Day-Lewis, già vincitore di due Academy Award - per Il Mio Piede Sinistro e Il Petroliere - e dato per sicuro vincente proprio per Lincoln.
Sebbene i personaggi di contorno siano bravi (Tommy Lee Jones e Sally Field nominati come non protagonisti; ma meritano una menzione anche David Strathairn, Coppa Volpi e nomination per Good Night and Good Luck di George Clooney, e soprattutto l'imbolsito e baffuto James Spader), è il fuoriclasse irlandese a dominare la scena con un'interpretazione indimenticabile (consigliamo la versione della pellicola in lingua originale con sottotitoli: il doppiaggio di Pierfrancesco Favino non rende).
Se non gli danno l'Oscar...

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